domenica 10 aprile 2011
Aforisma_Tania
Un semplice arcobaleno unisce il cielo alla terra, ma non basta un semplice affetto ad unire due persone
Tania Pignanelli
Aforisma_Tania
Non vi è notte in cui io non abbia pensato a te, né giorno in cui tu abbia pensato a me.
Tania Pignanelli
Tania Pignanelli
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Aforisma_Tania
I ricordi aprono ferite di cui non ci si ricordava nemmeno più.
Tania Pignanelli
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I ricordi aprono ferite di cui non ci si ricordava nemmeno più.
Tania Pignanelli
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Aforisma_Tania
Ti aspetto solo perché non ti spetto.
Tania Pignanelli
Tania Pignanelli
...
Con gli occhi vedi soltanto un sorriso, senza riuscire a guardare di come bagni il viso.
Tania Pignanelli
domenica 3 aprile 2011
...
E stanotte non voglio sogni; voglio ricordarmi solo di me.
Tania
Tania
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Poesia_Hikmet
Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
se le nostre anime non si vedessero da lontano
non saremmo così vicini, chi sa,
se la sorte non ci avesse divisi
Nazim Hikmet
se le nostre anime non si vedessero da lontano
non saremmo così vicini, chi sa,
se la sorte non ci avesse divisi
Nazim Hikmet
Il contratto sociale_Le prime società
LE PRIME SOCIETA'
La più antica di tutte le società, e la sola naturale, è la famiglia. Eppure i figli restano legati al padre solo finché ne hanno bisogno per conservarsi. Non appena questo bisogno cessa, il legame naturale si dissolve. I figli, dispensati dall'obbedienza che dovevano al padre, e il padre, dispensato dalle cure che doveva ai figli, ritornano tutti ugualmente indipendenti. Se continuano a restare uniti, non lo fanno più naturalmente ma volontariamente, e la famiglia stessa si mantiene solo per convenzione.
Questa libertà comune è una conseguenza della natura dell'uomo. La sua prima legge è provvedere alla propria conservazione, le sue prime cure sono quelle che deve a se stesso; e non appena raggiunge l'età della ragione, essendo l'unico giudice dei mezzi adatti a conservarsi, diventa padrone di sé.
La famiglia è dunque, se si vuole, il primo modello di società politica: il capo è immagine del padre, il popolo è immagine dei figli, e tutti, essendo nati uguali e liberi, alienano la loro libertà soltanto in vista del proprio utile. La sola differenza è che, nella famiglia, l'amore per i figli ripaga il padre delle cure prodigate, mentre nello Stato il piacere di comandare supplisce all'amore che il capo non prova per il suo popolo.
..................................................................................
Aristotele aveva detto che gli uomini non sono naturalmente uguali, ma che alcuni nascono per la schiavitù e altri per il dominio.
Aristotele aveva ragione, ma scambiava l'effetto per la causa. Ogni uomo nato in schiavitù nasce per la schiavitù: non c'è nulla di più certo. Gli schiavi perdono tutto quando sono in catene, persino il desiderio di liberarsene.
Jean Jacques Rousseau
La più antica di tutte le società, e la sola naturale, è la famiglia. Eppure i figli restano legati al padre solo finché ne hanno bisogno per conservarsi. Non appena questo bisogno cessa, il legame naturale si dissolve. I figli, dispensati dall'obbedienza che dovevano al padre, e il padre, dispensato dalle cure che doveva ai figli, ritornano tutti ugualmente indipendenti. Se continuano a restare uniti, non lo fanno più naturalmente ma volontariamente, e la famiglia stessa si mantiene solo per convenzione.
Questa libertà comune è una conseguenza della natura dell'uomo. La sua prima legge è provvedere alla propria conservazione, le sue prime cure sono quelle che deve a se stesso; e non appena raggiunge l'età della ragione, essendo l'unico giudice dei mezzi adatti a conservarsi, diventa padrone di sé.
La famiglia è dunque, se si vuole, il primo modello di società politica: il capo è immagine del padre, il popolo è immagine dei figli, e tutti, essendo nati uguali e liberi, alienano la loro libertà soltanto in vista del proprio utile. La sola differenza è che, nella famiglia, l'amore per i figli ripaga il padre delle cure prodigate, mentre nello Stato il piacere di comandare supplisce all'amore che il capo non prova per il suo popolo.
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Aristotele aveva detto che gli uomini non sono naturalmente uguali, ma che alcuni nascono per la schiavitù e altri per il dominio.
Aristotele aveva ragione, ma scambiava l'effetto per la causa. Ogni uomo nato in schiavitù nasce per la schiavitù: non c'è nulla di più certo. Gli schiavi perdono tutto quando sono in catene, persino il desiderio di liberarsene.
Jean Jacques Rousseau
La sera del dì di festa_Giacomo Leopardi
LA SERA DEL DI' DI FESTA
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai né pensi
Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m'affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già ch'io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggio
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell'artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov'è il suono
Di que' popoli antichi? or dov'è il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n'andò per la terra e l'oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s'aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Gia' similmente mi stringeva il core.
Giacomo Leopardi
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai né pensi
Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m'affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già ch'io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggio
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell'artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov'è il suono
Di que' popoli antichi? or dov'è il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n'andò per la terra e l'oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s'aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Gia' similmente mi stringeva il core.
Giacomo Leopardi
Il passero solitario_Giacomo Leopardi
IL PASSERO SOLITARIO
D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede la sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra
. Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni nostra vaghezza
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest'anni miei? Che di me stesso?
Ahi pentiromi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
Giacomo Leopardi
D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede la sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra
. Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni nostra vaghezza
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest'anni miei? Che di me stesso?
Ahi pentiromi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
venerdì 1 aprile 2011
Poesia_Tania
Non riesco a scrivere, non ci riesco più.
La pagina rimane bianca davanti ai miei occhi ed i miei occhi quella pagina non la sanno vedere neppure più.
E’ come se quella pagina non ci fosse, eppure quella pagina c’è, è solo che non sono più in grado di vederla; tutto per me è diventato come quella pagina bianca.
Non è vuota, è unicamente bianca.
Ha troppi colori per poterne mostrare uno soltanto.
Ho sempre scritto per sentirmi libera, ed ora non so più scrivere; ho sempre scritto per me.
Più riempivo quella pagina del mio dolore e più quella pagina si svuotava.
Non c’era nulla, perché quel dolore prendeva forma ma non spariva da me.
Ed ora non so dire quanto io sia felice con te, perché la felicità per me non è mai esistita, non ci ho creduto mai, ed ora non saprei neppure descriverla.
Eppure la felicità esiste e per quanto breve sia o sia stata posso dire di averla trovata, e l’ho trovata in te.
E magari resterò ancora a lungo a fissare questa pagina, magari resterà ancora bianca, ma ha senso guardarla e pensare a ciò che ti direi, perché sei te le mie parole.
Tania Pignanelli
Poesia_Tania
DITA
Mi imbarazza
Toccarti
Con pensieri
Che non riescono
Neppure a sfiorarti
Tania Pignanelli
Poesia_Tania
OVUNQUE
Non ti cerco ovunque
Ovunque tu non sia
Tu sei in quell’ovunque
In quell’ovunque io vada
Nell’ovunque io miri
Tania Pignanelli
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sabato 26 marzo 2011
Quando penso che ci sei_Tania
QUANDO PENSO CHE CI SEI
Quando penso che ci sei, penso a come ti parlerei con gli occhi, e continuo a tacere nel mio silenzio; penso a come ti ascolterei tra le dita, a come ti guarderei splendere nel buio di tutto un giorno passato senza di te.
Quando penso che ci sei, penso che questo mio sorriso io lo debba a te, penso che non sia affatto mio, penso, soltanto, che sia il bacio che mi hai lasciato, prima di lasciarmi qui, senza di te.
Quando penso che ci sei, penso che ogni mio pensiero sia tu, penso che non riesco più a pensare ad altro che te, penso che non esista più niente, se non esiste in te.
Quando penso che ci sei, penso che tu sia proprio in me, dentro la mia testa, fuori dal mio mondo.
Quando penso che ci sei, mi guardo attorno, e non ci sei.
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se non sei più tu,
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Specchio_Tania
SPECCHIO
Tutti sembrano sapere chi io sia; tutti mi riconoscono per quella che sono: sempre la stessa.
Hanno ragione tutti quanti: i capelli hanno lo stesso colore di prima, le mie mani sono ancora vuote, la mia mente è sempre più piena.
Hanno ragione: la mia voce si spezza nel silenzio, i miei occhi son sempre tristi, mi nascondo ancora nella folla.
Hanno ragione: non ho ancora sogni da cui svegliarmi, ho tuttora troppe delusioni da cui riprendermi, ci sono ancora sorrisi che mascherano lacrime.
Hanno ragione tutti quanti: ed io non so, però, perché, quando mi guardo, non so più chi io sia.
Furto_Tania
Ho rubato uno sguardo ed è tutto mio, ma non so che farne.
Ti guardavo da lontano e speravo che mi vedessi anche te; mi nascondevo talmente tanto nelle mie paure che neanche io, però, riuscivo a trovarmi..figuriamoci tu.
Ho continuato ad osservarti in silenzio, a confidare a quello stesso silenzio tutto ciò che quegli sguardi furtivi mi lasciavano, ed il continuo rimpianto per l'averti lasciato sempre andar via, senza riuscire a fermarti neanche un attimo, senza riuscire a fermare neppure l'attimo in cui tu eri lì ed io potevo averti tutto per me.
Hai continuato a vivere la tua vita senza sapere che anche io ne facessi parte; hai continuato il tuo percorso senza sapere che io seguivo i tuoi stessi passi.
Io ho continuato la mia vita vivendo la tua, con l'unico senso che riuscivo a darle.
Poi, finalmente, mi hai notato, mi hai guardata: tutto questo tempo ad attendere e l'attesa è stata ripagata con un solo istante, un momento che sembrava non finisse mai.
Ecco, i tuoi occhi nei miei, ma non è servito a niente.
Nei tuoi occhi io non c'ero già più.
TI VEDO_Tania
TI VEDO
Esattamente come è iniziata così si conclude questa giornata, ma questa giornata è ancora nostra, e c’è ancora un po’ di te sulla mia pelle, e su di te sarà, forse, rimasto il mio respiro, quello che trattengo per non dirti ciò che sento.
Ma quando sei con me è tutto diverso, non ci sono i soliti discorsi al telefono, non ci sono quelle dolci parole che ci mandiamo; quando sono con te, non esistono suoni da scrivere, né pensieri da ascoltare.
Quando ti ho davanti a me, ti guardo, ti guardo come se non ti avessi visto mai, come se fosse la prima volta che i miei occhi si posano su di te, come se ogni volta si stupissero di averti davanti.
Sei la meraviglia di quegli occhi!
Quando ti guardo, ti guardo come se non avessi visto mai altro che te, perché, oltre te, i miei occhi non vogliono andare.
Quando ti guardo, è come se non ti avessi visto mai, perché in ogni ovunque, in ogni sempre, i miei occhi sono alla ricerca di te, ed è così che la realtà si proietta nella loro immaginazione, ma se ti vedo, poi, nessuna fantasia potrebbe essere più reale.
E quando ti vedo accanto a me, io ti vedo nel mio oggi, e ti vedo in quel domani, in quel domani che mi spaventava tanto, prima che io riuscissi a vederci te in quel domani.
Tania Pignanelli
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domenica 20 marzo 2011
Il primo amore_Giacomo Leopardi
IL PRIMO AMORE
Tornami a mente il dì che la battaglia
D'amor sentii la prima volta, e dissi:
Oimè, se quest'è amor, com'ei travaglia!
Che gli occhi al suol tuttora intenti e fissi
Io mirava colei ch'a questo core
Primiera il varco ed innocente aprissi.
Ahi come mal mi governasti, amore!
Perché seco dovea sì dolce affetto
Recar tanto desio, tanto dolore?
E non sereno, e non intero e schietto,
Anzi pien di travaglio e di lamento
Al cor mi discendea tanto diletto?
Dimmi, tenero core, or che spavento,
Che angoscia era la tua fra quel pensiero
Presso al qual t'era noia ogni contento?
Quel pensier che nel dì, che lusinghiero
Ti si offeriva nella notte, quando
Tutto queto parea nell'emisfero:
Tu inquieto, e felice e miserando,
M'affaticavi in su le piume il fianco,
Ad ogni or fortemente palpitando.
E dove io tristo ed affannato e stanco
Gli occhi al sonno chiudea, come per febre
Rotto e deliro il sonno venia manco.
Oh come viva in mezzo alle tenebre
Sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi
La contemplavan sotto alle palpebre!
Oh come soavissimi diffusi
Moti per l'ossa mi serpeano, oh come
Mille nell'alma instabili, confusi
Pensieri si volgean! qual tra le chiome
D'antica selva zefiro scorrendo,
Un lungo, incerto mormorar ne prome.
E mentre io taccio, e mentre io non contendo,
Che dicevi, o mio cor, che si partia
Quella per che penando ivi e battendo?
Il cuocer non più tosto io mi sentia
Della vampa d'amor, che il venticello
Che l'aleggiava, volossene via.
Senza sonno io giacea sul dì novello,
E i destrier che dovean farmi deserto,
battean la zampa sotto al patrio ostello.
Ed io timido e cheto ed inesperto,
Ver lo balcone al buio protendea
L'orecchio avido e l'cchio indarno aperto,
La voce ad ascoltar, se ne dovea
Di quelle labbra uscir, ch'ultima fosse;
La voce, ch'altro cielo, ahi, mi togliea.
Quante volte plebea voce percosse
Il dubitoso orecchio, e un gel mi prese,
E il core forse a palpitar mi mosse!
E poi che finalmente mi discese
La cara voce al core, e de' cavi
E delle rote il romorio s'intese;
Orbo rimaso allor, mi rannicchiai
Palpitando nel letto e, chiusi gli occhi,
Strinsi il cor con la mano, e sospirai.
Poscia traendo i tremuli ginocchi
Stupidamente per la muta stanza,
Ch'altro sarà, dicea, che il cor mi tocchi?
Amarissima allor la ricordanza
Locommisi nel petto, e mi serrava
Ad ogni voce il core, a ogni sembianza.
E lunga doglia il sen mi ricercava,
Com'è quando a distesa Olimpo piove
Malinconicamente e i campi lava.
Ned io ti conoscea, garzon di nove
E nove Soli, in questo a pianger nato
Quando facevi, amor, le prime prove.
Quando in ispregio ogni piacer, né grato
M'era degli astri il riso, o dell'aurora
Queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.
Anche di gloria amor taceami allora
Nel petto, cui scaldar tanto solea,
Che di beltade amor vi fea dimora.
Né gli occhi ai noti studi io rivolgea,
E quelli m'apparian vani per cui
Vano ogni altro desir creduto avea.
Deh come mai da me sì vario fui,,
E tanto amor mi tolse un altro amore?
Deh quanto, in verità, vani siam nui!
Solo il mio cor piaceami, e col mio core
In un perenne ragionar sepolto,
Alla guardia seder del mio dolore.
E l'occhio a terra chino o in se raccolto,
Di riscontrarsi fuggitivo e vago
Né il leggiadro soffria né in turpe volto:
Che la illibata, la candida imago
Turbare egli temea pinta nel seno,
Come all'aure si turba onda di lago.
E quel di non aver goduto appieno
Pentimento, che l'anima ci grava,
E il piacer che passò cangia in veleno,
Per li fuggiti dì mi stimolava
Tuttora il sen: che la vergogna il duro
Suo morso in questo cor già non oprava.
Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro
Che voglia non m'entrò bassa nel petto,
Ch'arsi di foco intaminato e puro.
Vive quel foco ancor, vive l'affetto,
Spira nel pensier mio la bella imago,
Da cui, se non celeste, alro diletto
Giammai non ebbi, e sol di lei m'appago.
Giacomo Leopardi
Tornami a mente il dì che la battaglia
D'amor sentii la prima volta, e dissi:
Oimè, se quest'è amor, com'ei travaglia!
Che gli occhi al suol tuttora intenti e fissi
Io mirava colei ch'a questo core
Primiera il varco ed innocente aprissi.
Ahi come mal mi governasti, amore!
Perché seco dovea sì dolce affetto
Recar tanto desio, tanto dolore?
E non sereno, e non intero e schietto,
Anzi pien di travaglio e di lamento
Al cor mi discendea tanto diletto?
Dimmi, tenero core, or che spavento,
Che angoscia era la tua fra quel pensiero
Presso al qual t'era noia ogni contento?
Quel pensier che nel dì, che lusinghiero
Ti si offeriva nella notte, quando
Tutto queto parea nell'emisfero:
Tu inquieto, e felice e miserando,
M'affaticavi in su le piume il fianco,
Ad ogni or fortemente palpitando.
E dove io tristo ed affannato e stanco
Gli occhi al sonno chiudea, come per febre
Rotto e deliro il sonno venia manco.
Oh come viva in mezzo alle tenebre
Sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi
La contemplavan sotto alle palpebre!
Oh come soavissimi diffusi
Moti per l'ossa mi serpeano, oh come
Mille nell'alma instabili, confusi
Pensieri si volgean! qual tra le chiome
D'antica selva zefiro scorrendo,
Un lungo, incerto mormorar ne prome.
E mentre io taccio, e mentre io non contendo,
Che dicevi, o mio cor, che si partia
Quella per che penando ivi e battendo?
Il cuocer non più tosto io mi sentia
Della vampa d'amor, che il venticello
Che l'aleggiava, volossene via.
Senza sonno io giacea sul dì novello,
E i destrier che dovean farmi deserto,
battean la zampa sotto al patrio ostello.
Ed io timido e cheto ed inesperto,
Ver lo balcone al buio protendea
L'orecchio avido e l'cchio indarno aperto,
La voce ad ascoltar, se ne dovea
Di quelle labbra uscir, ch'ultima fosse;
La voce, ch'altro cielo, ahi, mi togliea.
Quante volte plebea voce percosse
Il dubitoso orecchio, e un gel mi prese,
E il core forse a palpitar mi mosse!
E poi che finalmente mi discese
La cara voce al core, e de' cavi
E delle rote il romorio s'intese;
Orbo rimaso allor, mi rannicchiai
Palpitando nel letto e, chiusi gli occhi,
Strinsi il cor con la mano, e sospirai.
Poscia traendo i tremuli ginocchi
Stupidamente per la muta stanza,
Ch'altro sarà, dicea, che il cor mi tocchi?
Amarissima allor la ricordanza
Locommisi nel petto, e mi serrava
Ad ogni voce il core, a ogni sembianza.
E lunga doglia il sen mi ricercava,
Com'è quando a distesa Olimpo piove
Malinconicamente e i campi lava.
Ned io ti conoscea, garzon di nove
E nove Soli, in questo a pianger nato
Quando facevi, amor, le prime prove.
Quando in ispregio ogni piacer, né grato
M'era degli astri il riso, o dell'aurora
Queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.
Anche di gloria amor taceami allora
Nel petto, cui scaldar tanto solea,
Che di beltade amor vi fea dimora.
Né gli occhi ai noti studi io rivolgea,
E quelli m'apparian vani per cui
Vano ogni altro desir creduto avea.
Deh come mai da me sì vario fui,,
E tanto amor mi tolse un altro amore?
Deh quanto, in verità, vani siam nui!
Solo il mio cor piaceami, e col mio core
In un perenne ragionar sepolto,
Alla guardia seder del mio dolore.
E l'occhio a terra chino o in se raccolto,
Di riscontrarsi fuggitivo e vago
Né il leggiadro soffria né in turpe volto:
Che la illibata, la candida imago
Turbare egli temea pinta nel seno,
Come all'aure si turba onda di lago.
E quel di non aver goduto appieno
Pentimento, che l'anima ci grava,
E il piacer che passò cangia in veleno,
Per li fuggiti dì mi stimolava
Tuttora il sen: che la vergogna il duro
Suo morso in questo cor già non oprava.
Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro
Che voglia non m'entrò bassa nel petto,
Ch'arsi di foco intaminato e puro.
Vive quel foco ancor, vive l'affetto,
Spira nel pensier mio la bella imago,
Da cui, se non celeste, alro diletto
Giammai non ebbi, e sol di lei m'appago.
Giacomo Leopardi
Poesia_Giacomo Leopardi
Tu le cure infelici e i fati indegni
Tu de' mortali ascolta,
Vaga natura, e la favilla antica
Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi,
E se de' nostri affanni
Cosa veruna in ciel, se nell'aprica
Terra s'alberga o nell'equoreo seno,
Pietosa no, ma spettatrice almeno.
tratto da "Alla primavera, o delle favole antiche"
Tu de' mortali ascolta,
Vaga natura, e la favilla antica
Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi,
E se de' nostri affanni
Cosa veruna in ciel, se nell'aprica
Terra s'alberga o nell'equoreo seno,
Pietosa no, ma spettatrice almeno.
tratto da "Alla primavera, o delle favole antiche"
Il contratto sociale_Libro I
LIBRO I
........................Entro in argomento senza dimostrare l'importanza del mio tema. Mi si chiederà se sono principe o legislatore per scrivere di Politica. Rispondo che non lo sono, e che proprio per questo scrivo di Politica. Se fossi principe o legislatore, non perderei tempo a dire ciò che bisogna fare: lo farei, oppure starei zitto.
.............................................................................................................
L'uomo è nato libero e ovunque è in catene. C'è chi si crede padrone degli altri, e tuttavia è più schiavo di loro. Come è avvenuto questo cambiamento? Lo ignoro. Che cosa può renderlo legittimo? Credo di poter risolvere questo problema.
Se prendessi in considerazione soltanto la forza e l'effetto che ne deriva, direi: finché un Popolo è costretto ad obbedire ed obbedisce, fa bene; non appena può scuotere il giogo e lo scuote, fa ancora meglio, perché, recuperando la propria libertà in virtù dello stesso diritto con cui altri gliel'hanno strappata, o ha ragione di riprendersela, o l'ha persa ingiustamente.
Ma l'ordine sociale è un diritto sacro, che serve da base a tutti gli altri. Però questo diritto non viene dalla natura; dunque si fonda su convenzioni. Si tratta di sapere quali siano queste convenzioni.
tratto da "Il contratto sociale"
........................Entro in argomento senza dimostrare l'importanza del mio tema. Mi si chiederà se sono principe o legislatore per scrivere di Politica. Rispondo che non lo sono, e che proprio per questo scrivo di Politica. Se fossi principe o legislatore, non perderei tempo a dire ciò che bisogna fare: lo farei, oppure starei zitto.
.............................................................................................................
L'uomo è nato libero e ovunque è in catene. C'è chi si crede padrone degli altri, e tuttavia è più schiavo di loro. Come è avvenuto questo cambiamento? Lo ignoro. Che cosa può renderlo legittimo? Credo di poter risolvere questo problema.
Se prendessi in considerazione soltanto la forza e l'effetto che ne deriva, direi: finché un Popolo è costretto ad obbedire ed obbedisce, fa bene; non appena può scuotere il giogo e lo scuote, fa ancora meglio, perché, recuperando la propria libertà in virtù dello stesso diritto con cui altri gliel'hanno strappata, o ha ragione di riprendersela, o l'ha persa ingiustamente.
Ma l'ordine sociale è un diritto sacro, che serve da base a tutti gli altri. Però questo diritto non viene dalla natura; dunque si fonda su convenzioni. Si tratta di sapere quali siano queste convenzioni.
tratto da "Il contratto sociale"
domenica 13 marzo 2011
Little sunshine_Tania
LITTLE SUNSHINE
Ci sono serate in cui non sai proprio che cosa poter fare, ti annoia persino il dover pensare a qualche eventuale distrazione; perciò te ne stai tranquillo e sempre più apatico sul tuo divano..beh..quella sera era una sera di queste...
In televisione non c'era assolutamente nulla da vedere, la stanchezza era troppa per potersi mettere sopra i libri, e, perciò, ho accettato di buon grado l'invito di un ragazzo ad uscire..in realtà, non mi interessava molto quell'appuntamento, era soltanto la preziosa occasione per potersi fumare quella tanto amata sigaretta, fin troppo proibita tra le quattro mura domestiche, quel vizietto che bisogna celare agli occhi familiari..
E così inizio a vestirmi, senza la minima cura su cosa mettermi e come truccarmi; io volevo soltanto quella sigaretta, il resto era relativo e privo di qualsiasi interesse da parte mia..
Prima di uscire, vado da mia madre dicendole che sarei ritornata presto, da lì a trenta minuti, massimo un'ora..beh..quanto ci vuole, in fondo, a fumarsi una sigaretta?!
Inizio a raggiungere il luogo dell'appuntamento, sempre più svogliata..mi presento davanti al cinema, come prestabilito, ed aspetto un ragazzo che non avevo mai visto prima, e che non m'interessava conoscere in quel preciso momento..
Conclusasi da poco una storia d'amore, e, per di più, in modo piuttosto drastico e sofferto, non si ha la minima voglia di fare nuove "conoscenze".. Si rimane solitari nel proprio dolore o in ciò che ne rimane..
In quel momento non vedevo nessuno, forse perché per me era come se tutti fossero evanescenti, senza corpo né anima, esattamente come quella persona che t'ha trafitto nel sentimento ed ha spento il tuo sorriso; impassibile, sempre più impassibile, cercavo quello sguardo sconosciuto, che non mi interessava svelare..
Il segreto, però, di quel volto è rimasto nascosto ancora per poco; scruto quella macchina blu che mi era stata annunciata,e, avvicinandomi, abbasso il capo per vedere che tipo di persona mi aspettasse: l'unica cosa fondamentale era che si trattasse di un ragazzo che, almeno in apparenza, doveva ispirare un minimo di fiducia e non sembrasse uno di quei disperati nella ricerca ossessiva di una qualsiasi forma di vita femminile.
E, perciò, salgo in macchina, senza imbarazzi né pensieri; mentre lui guida, s'inizia a parlare del più e del meno, ed io mi soffermo a guardare quei suoi occhi, che sin da subito mi hanno colpito inaspettatamente; in termini metaforici, avrei immediatamente definito lui come un raggio di sole dagli occhi di nuvola, che non capivo, però, se nascondessero lacrime passate o se fossero talmente tanto colme da scoppiare da un momento all'altro..
E quel piccolo raggio di sole tanto più era brillante in una notte resa ancora più buia al confronto col suo sorriso.
Io non riuscivo a smettere di guardarlo, guardarlo e riguardarlo..era come se cercassi in lui qualcosa che sapevo ci fosse, ma che non riuscivo a trovare; era come se stessi cercando in lui tutto quello che gli altri m'avevano tolto ed io rivolevo indietro; era come se cercassi in quei suoi occhi così tristi la tristezza stessa dei miei, in un riflesso che ingigantisce ancora di più qualsiasi cosa.
E con lo sguardo fisso nel suo, mi sono soffermata sulle sue parole; mi colpiva piacevolmente il fatto che riuscisse ad affrontare qualsiasi tipo di argomentazione, che spaziasse ampiamente, ed io, intanto, lo lasciavo alle sue parole per volare altrove, sempre col pensiero fisso di scovare quello che in lui non riuscivo a trovare..
Ad un certo momento, però, lui lascia a me il silenzio, che non riesco a ricoprire con la mia solita destrezza; sono ancora troppo distratta dai miei intenti per potermi concentrare altrimenti..mi sembra distante, lontano, inafferrabile..
Lui, però, mi stringe a sé, una volta, due, e chiude me tra le sue braccia ed il silenzio sulle nostre labbra; lì ho trovato quello che stavo cercando, quella dolcezza che troppo spesso aveva assunto sfumature troppo amare da poterle mandare giù..ma in lui avevo ritrovato quella mia stessa dolcezza inespressa ed inesprimibile, soffocata da troppe incomprensioni..
E lì non c'erano più i soliti pensieri, né la soddisfazione di chi ha trovato la sua America; era la nostalgia di ciò che si era andato perdendosi, che andava a ritrovarsi in quel bacio, per poi non scomparire più.
Quella stessa nostalgia non è morta su quelle labbra, ma è proprio lì che ha gridato forte la sua presenza.
E quando il tuo nuovo raggio di sole ti scalda di nuovo il corpo e la mente, vorresti abbandonare tutto a lui, in un dono che ti riempia di gioie, in un dare e ricevere che unisce due strade, che, fino a quel momento, correvano parallele, senza sapere l'una dell'altra.
Quel raggio di sole, però, non poteva far bruciare in fretta un corpo così raggelato come lo era il mio, che è rimasto inerme, senza toccare alcun piacere, ma solo sfiorando tra le dita mille fantasie.
Lascio, perciò, all'immaginazione della mente e del corpo la fine della serata, ed io mi faccio riaccompagnare a casa; mentre la macchina va, i tuoi pensieri corrono ancora più veloci, ma tanto alacremente da non riuscire neanche a fermarli, per capire dove se ne stiano andando.
Si arriva davanti al portone ed un altro bacio chiude una serata che aveva i riflessi di un nuovo sole.
Neanche il tempo di salire su casa e riordinare tutti quegli avvenimenti così teneri che ti impedivano il respiro; neanche il tempo di pensare se ciò che hai vissuto te sia lo stesso che ha avvertito anche lui; neanche il tempo di sperare che ti mandi un messaggino per ringraziarti della bella serata, che quel messaggio arriva, e, con esso, la speranza di rivederti al più presto.
Lì il respiro si trattiene ancora di più, per poi sciogliersi in un sospiro, in cui aleggiano ancora tutti i ricordi di quegli attimi appena vissuti.
Provi ad appoggiarti sul tuo letto, ma sai già che i tuoi occhi non riusciranno a chiudersi; ormai si sono ritrovati nella tristezza dei suoi, e si sentono persi e smarriti in una via ancora fin troppo sconosciuta..
Sai bene che quella notte il tuo sonno sarà coccolato da mille sogni, perché ve ne è soltanto uno, che tiene sveglia quella mente sfiorata da troppa luce per potersi spegnere col buio della tua stanza.
E trascorri quella notte insonne, ancora chiedendoti se sia stato reale o meno tutto ciò che vi è stato il giorno prima; cerchi di ricordarti ogni cosa nel minimo dettaglio, come per paura di perderne l'essenza; e, soprattutto, speri, speri soltanto che quel raggio di sole non si perda nell'infinità del cielo, ma che ritorni presto tra i tuoi prati sconfinati, a cogliere quel piccolo fiore, che è tutto ciò che hai da offrirgli.
Il raggio, perciò, non sbiadisce con la forza del sole, ti cerca ancora ed ha ancora voglia di rivedere te, che la luce, ormai, l'avevi ben dimenticata.
Un'altra volta, la sera esalta lo splendore di quel tuo piccolo raggio di sole, così bello da vedere che hai gli occhi pieni di lui, così dolce da abbandonare tutto alle sue braccia, che non trattengono soltanto te, ma che lasciano andar via liberi quei tuoi pensieri, sempre più inafferrabili, sempre più incontrollabili, sempre più suoi..
E questa volta, però, la luce incontra il buio e dà vita a colori mai immaginati prima; il corpo non sente più il freddo delle passate assenze, non si sente più sporcato da persone troppo sbagliate; in quel momento, in quel preciso momento, l'emozione cancella ciò che vi era stato, per portare come una pelle nuova, lontana da tutto e da tutti..ed il freddo della paura cede al calore del tuo piccolo raggio di sole, che, nella palpitazione del cuore, ti fa riscoprire uno spiraglio di vita.
E nell'abbraccio successivo, senti pulsare ancora forte la passione appena svanita, ascolti quelle parole che non troverebbero senso altrove, e, soprattutto, senti finalmente il calore che riaccende nuove speranze.
Ma i nuovi ricordi, spesso, non hanno la forza di quelli passati e soggiacciono alla loro supremazia; tutto ciò che hai appena vissuto ti sembra fin troppo bello per poterti sembrare vero, ed è questo, per assurdità, a lasciarti perplesso e titubante.
Ti accorgi, però, subito dopo, che non è quell'attimo a sconvolgere le tue sensazioni; ma quelli precedenti ed addirittura quelli mai vissuti; ti si riaprono ferite ancora non rimarginate, ed il dolore riaffiora pian piano, facendosi sempre più difficile da sopportare.
Ed allora, il nuovo ricordo si sporca di quello passato, di quella persona troppo sbagliata, che ti fa cadere nell'errore e nella sofferenza, nello smarrimento più totale, tanto che ricadi, per un istante, nel buio, e lì è troppo oscuro per poter riconoscere il tuo piccolo raggio di sole.
La tua tristezza non si rivede più nel suo sguardo, si riscopre soltanto in quelle lacrime che non riescono a trattenersi in quegli occhi, carichi come nuvole in tempesta; non ti ritrovi più in braccia nuove ed in inaspettate speranze.
Ti illudi soltanto di soffocare quella sofferenza nella memoria e di cacciarla via proprio attraverso quel fiume di lacrime, che non ha mare nel quale liberarsi; rimane rinchiuso nella gabbia di troppi ricordi, di troppi dolori, di troppe delusioni.
E così, ti trasformi in una nuvola nera, sempre più nera, pronta in qualsiasi momento a dar vita alla sua sofferenza, a lasciar andare via le sue lacrime..ed il tuo piccolo raggio di sole?
Lui neanche conosce questa tua realtà, non lo vede tutto questo buio; splende di luce propria e non sai se per inconsapevolezza o per egocentrismo..sai soltanto che è un piccolo spiraglio di aria fresca, che potrebbe ripulirti da vecchie ferite.
Non si possono, però, affrontare così i vecchi fantasmi, soprattutto se si tratta di persone che di umano hanno soltanto il nome; rimani in questo tuo nuovo essere, in questa titubanza e sofferenza, che ti stupisce e preoccupa allo stesso tempo.
Non ti riconosci più, non sai più neanche chi sei, ma sai quello che vuoi; restare da sola ed essere te e te soltanto la luce ed il buio, la felicità e la sofferenza, il bene ed il male; non vuoi nessuno, perché in nessuno puoi permetterti di perderti.
Ritrovi, però, i tuoi occhi tristi in quelli del tuo piccolo raggio di sole, e riscopri nelle sue telefonate, nelle vostre chiacchierate, quanto ancora possa far piacere avere una sensazione che ti fa scalpitare i pensieri.
Hai solo un problema, ed uno soltanto: ti senti svuotata, quel bastardo di prima ti ha rubato tutto, i sogni, le speranze, le illusioni..non ti è rimasto più niente, neanche la voglia di riprenderti tutto questo; perciò, cosa potresti mai offrire te, così spoglia?
Cerchi allora di far fronte alla questione e ti ripresenti davanti al tuo piccolo raggio di sole; ogni volta ti sembra più bello, tanto che potresti bruciarti nel fissarlo eccessivamente..ed il suo profumo ti sembra sempre più intenso, ti rimane nella mente, prima ancora delle dita.
Stavolta, però, riesci a vedere quello che stavi cercando nel tuo piccolo raggio di sole, quelle ombre che una luce tanto forte riesce a celare; ma tu scovi troppo altrove per fermarti a quell'apparenza.
Lui inizia a parlare, a raccontarti di sé e ti rendi conto di come quel sorriso potesse smentire quegli occhi tanto tristi, che subito t'avevano colpito; te li risenti addosso nel dolore di ogni suo ricordo, è come se li sentissi lacrimare tra le parole.
E la cosa che più ti stupisce è scoprire quanto quel raggio di sole brilli di luce propria, perché non ha mai conosciuto qualcuno che lo illuminasse, anzi, tutt'altro; e ti accorgi di un corpo ancora più vuoto del tuo, spogliato di ogni emozione, abbandonato alla diffidenza, all'impossibilità del cedere la ragione a qualcosa che, in fondo, non ha mai conosciuto.
E ti sembra un'anima da aiutare, vorresti correre subito da lui, stringerlo forte a te per dargli, anche solo per un istante, la sensazione della vita vera; ti riscopri vita, gaiezza, sorpresa, perché sei tutto ciò che lui non ha mai visto né toccato con mano..non ha mai assaporato il gusto dell'emozione vera.
Vorresti, vorresti poterlo aiutare, ma non puoi, perché t'hanno rubato anche la disponibilità verso gli altri, che mai avresti lasciato da soli; perciò, non vai incontro a lui, ma lasci proprio a lui l'opportunità di potersi salvare, per poter uscire da quella ignoranza, che non ti permette di cogliere il senso della vita e la vita stessa.
Lasci a lui la sua possibilità di salvezza, perché non si può esistere senza vivere; deve soltanto avvicinarsi a te, leggere nei tuoi occhi, esattamente come te avevi fatti nel primo momento in cui l'hai visto.
Non gli dico alcuna parola, non tento di convincerlo di niente, perché non avrei neanche interesse a persuadere qualcuno che, in fondo, non posso avere, poiché è troppo vuoto il mio cuore, ora, per poterlo riempire con altro vuoto.
Può riempire il suo con un po' di vita, che può rubare da me; rubami, allora, tutto ciò che di poetico si nasconde tra i miei silenzi, tutta la gioia che si rivela nei miei sorrisi, ridi te delle mie stesse risate, appagati di quella voglia di vita che fa sentire vivi davvero.
Ti posso dare la protezione che nessuna parete ti può riservare, ti posso far sentir speciale attraverso la sola semplicità, ti posso circondare con le mie immancabili presenza, posso farti capire che la tua vita non è vita, perché non conosce emozione, posso insegnarti ad amare ed a capire cosa voglia dire essere amati, posso insegnarti il significato del silenzio, ma io non voglio avvicinarmi a te e darti tutto questo; voglio che te senta dentro di te quella necessità inascoltata di scoprire la vita.
Può darsi che sia possibile che io non incontri mai più il mio raggio di sole, ma sono felice unicamente del fatti che ha potuto conoscere anche limitatamente una parte di me, e penso possa essergli stata utile a vedere qualcosa che nessuno gli aveva mai mostrato.
Nel buio, mio piccolo raggio di sole, hai potuto scoprire quella che è la luce vera, quella più preziosa, perché non è visibile a tutti quanti.
Sei distante, anche stretto tra le tue stesse braccia, non sai come si rida veramente, conosci l'amore solo nella sua forma più squallida; ma chi ti ha fatto tutto questo?
Mio piccolo raggio di sole, io ti vorrei insegnare a guardare senza gli occhi, a leggere in essi l'essenza nascosta di una persona; ti vorrei insegnare quanto sia importante anche un semplice sorriso, cosa può darti un amore vero, una persona sincera; ti vorrei insegnare che non esiste solo l'ovvio, il razionale, ti vorrei far perdere nella mia stessa follia, e nella tua pazzia; ti vorrei far ritrovare il piacere nella vita, far riscoprire quello che di più bello hai; ti vorrei insegnare a far l'amore, facendoti capire che non hai solo un corpo e non sei soltanto quello, vorrei che ti rendessi conto che si appaga anche la mente ed il cuore, anche loro hanno fame e si saziano di dolcezza e passione; ti vorrei insegnare quanto sia vuoto un corpo senza anima ed una vita senza emozioni.
Ti vorrei insegnare questo e molto altro, ma non perché io abbia sufficienti esperienze o sia così saggia o preparata; vorrei darti soltanto quello che sono, perché è soltanto ciò che posso offrirti.
Tania Pignanelli
Ci sono serate in cui non sai proprio che cosa poter fare, ti annoia persino il dover pensare a qualche eventuale distrazione; perciò te ne stai tranquillo e sempre più apatico sul tuo divano..beh..quella sera era una sera di queste...
In televisione non c'era assolutamente nulla da vedere, la stanchezza era troppa per potersi mettere sopra i libri, e, perciò, ho accettato di buon grado l'invito di un ragazzo ad uscire..in realtà, non mi interessava molto quell'appuntamento, era soltanto la preziosa occasione per potersi fumare quella tanto amata sigaretta, fin troppo proibita tra le quattro mura domestiche, quel vizietto che bisogna celare agli occhi familiari..
E così inizio a vestirmi, senza la minima cura su cosa mettermi e come truccarmi; io volevo soltanto quella sigaretta, il resto era relativo e privo di qualsiasi interesse da parte mia..
Prima di uscire, vado da mia madre dicendole che sarei ritornata presto, da lì a trenta minuti, massimo un'ora..beh..quanto ci vuole, in fondo, a fumarsi una sigaretta?!
Inizio a raggiungere il luogo dell'appuntamento, sempre più svogliata..mi presento davanti al cinema, come prestabilito, ed aspetto un ragazzo che non avevo mai visto prima, e che non m'interessava conoscere in quel preciso momento..
Conclusasi da poco una storia d'amore, e, per di più, in modo piuttosto drastico e sofferto, non si ha la minima voglia di fare nuove "conoscenze".. Si rimane solitari nel proprio dolore o in ciò che ne rimane..
In quel momento non vedevo nessuno, forse perché per me era come se tutti fossero evanescenti, senza corpo né anima, esattamente come quella persona che t'ha trafitto nel sentimento ed ha spento il tuo sorriso; impassibile, sempre più impassibile, cercavo quello sguardo sconosciuto, che non mi interessava svelare..
Il segreto, però, di quel volto è rimasto nascosto ancora per poco; scruto quella macchina blu che mi era stata annunciata,e, avvicinandomi, abbasso il capo per vedere che tipo di persona mi aspettasse: l'unica cosa fondamentale era che si trattasse di un ragazzo che, almeno in apparenza, doveva ispirare un minimo di fiducia e non sembrasse uno di quei disperati nella ricerca ossessiva di una qualsiasi forma di vita femminile.
E, perciò, salgo in macchina, senza imbarazzi né pensieri; mentre lui guida, s'inizia a parlare del più e del meno, ed io mi soffermo a guardare quei suoi occhi, che sin da subito mi hanno colpito inaspettatamente; in termini metaforici, avrei immediatamente definito lui come un raggio di sole dagli occhi di nuvola, che non capivo, però, se nascondessero lacrime passate o se fossero talmente tanto colme da scoppiare da un momento all'altro..
E quel piccolo raggio di sole tanto più era brillante in una notte resa ancora più buia al confronto col suo sorriso.
Io non riuscivo a smettere di guardarlo, guardarlo e riguardarlo..era come se cercassi in lui qualcosa che sapevo ci fosse, ma che non riuscivo a trovare; era come se stessi cercando in lui tutto quello che gli altri m'avevano tolto ed io rivolevo indietro; era come se cercassi in quei suoi occhi così tristi la tristezza stessa dei miei, in un riflesso che ingigantisce ancora di più qualsiasi cosa.
E con lo sguardo fisso nel suo, mi sono soffermata sulle sue parole; mi colpiva piacevolmente il fatto che riuscisse ad affrontare qualsiasi tipo di argomentazione, che spaziasse ampiamente, ed io, intanto, lo lasciavo alle sue parole per volare altrove, sempre col pensiero fisso di scovare quello che in lui non riuscivo a trovare..
Ad un certo momento, però, lui lascia a me il silenzio, che non riesco a ricoprire con la mia solita destrezza; sono ancora troppo distratta dai miei intenti per potermi concentrare altrimenti..mi sembra distante, lontano, inafferrabile..
Lui, però, mi stringe a sé, una volta, due, e chiude me tra le sue braccia ed il silenzio sulle nostre labbra; lì ho trovato quello che stavo cercando, quella dolcezza che troppo spesso aveva assunto sfumature troppo amare da poterle mandare giù..ma in lui avevo ritrovato quella mia stessa dolcezza inespressa ed inesprimibile, soffocata da troppe incomprensioni..
E lì non c'erano più i soliti pensieri, né la soddisfazione di chi ha trovato la sua America; era la nostalgia di ciò che si era andato perdendosi, che andava a ritrovarsi in quel bacio, per poi non scomparire più.
Quella stessa nostalgia non è morta su quelle labbra, ma è proprio lì che ha gridato forte la sua presenza.
E quando il tuo nuovo raggio di sole ti scalda di nuovo il corpo e la mente, vorresti abbandonare tutto a lui, in un dono che ti riempia di gioie, in un dare e ricevere che unisce due strade, che, fino a quel momento, correvano parallele, senza sapere l'una dell'altra.
Quel raggio di sole, però, non poteva far bruciare in fretta un corpo così raggelato come lo era il mio, che è rimasto inerme, senza toccare alcun piacere, ma solo sfiorando tra le dita mille fantasie.
Lascio, perciò, all'immaginazione della mente e del corpo la fine della serata, ed io mi faccio riaccompagnare a casa; mentre la macchina va, i tuoi pensieri corrono ancora più veloci, ma tanto alacremente da non riuscire neanche a fermarli, per capire dove se ne stiano andando.
Si arriva davanti al portone ed un altro bacio chiude una serata che aveva i riflessi di un nuovo sole.
Neanche il tempo di salire su casa e riordinare tutti quegli avvenimenti così teneri che ti impedivano il respiro; neanche il tempo di pensare se ciò che hai vissuto te sia lo stesso che ha avvertito anche lui; neanche il tempo di sperare che ti mandi un messaggino per ringraziarti della bella serata, che quel messaggio arriva, e, con esso, la speranza di rivederti al più presto.
Lì il respiro si trattiene ancora di più, per poi sciogliersi in un sospiro, in cui aleggiano ancora tutti i ricordi di quegli attimi appena vissuti.
Provi ad appoggiarti sul tuo letto, ma sai già che i tuoi occhi non riusciranno a chiudersi; ormai si sono ritrovati nella tristezza dei suoi, e si sentono persi e smarriti in una via ancora fin troppo sconosciuta..
Sai bene che quella notte il tuo sonno sarà coccolato da mille sogni, perché ve ne è soltanto uno, che tiene sveglia quella mente sfiorata da troppa luce per potersi spegnere col buio della tua stanza.
E trascorri quella notte insonne, ancora chiedendoti se sia stato reale o meno tutto ciò che vi è stato il giorno prima; cerchi di ricordarti ogni cosa nel minimo dettaglio, come per paura di perderne l'essenza; e, soprattutto, speri, speri soltanto che quel raggio di sole non si perda nell'infinità del cielo, ma che ritorni presto tra i tuoi prati sconfinati, a cogliere quel piccolo fiore, che è tutto ciò che hai da offrirgli.
Il raggio, perciò, non sbiadisce con la forza del sole, ti cerca ancora ed ha ancora voglia di rivedere te, che la luce, ormai, l'avevi ben dimenticata.
Un'altra volta, la sera esalta lo splendore di quel tuo piccolo raggio di sole, così bello da vedere che hai gli occhi pieni di lui, così dolce da abbandonare tutto alle sue braccia, che non trattengono soltanto te, ma che lasciano andar via liberi quei tuoi pensieri, sempre più inafferrabili, sempre più incontrollabili, sempre più suoi..
E questa volta, però, la luce incontra il buio e dà vita a colori mai immaginati prima; il corpo non sente più il freddo delle passate assenze, non si sente più sporcato da persone troppo sbagliate; in quel momento, in quel preciso momento, l'emozione cancella ciò che vi era stato, per portare come una pelle nuova, lontana da tutto e da tutti..ed il freddo della paura cede al calore del tuo piccolo raggio di sole, che, nella palpitazione del cuore, ti fa riscoprire uno spiraglio di vita.
E nell'abbraccio successivo, senti pulsare ancora forte la passione appena svanita, ascolti quelle parole che non troverebbero senso altrove, e, soprattutto, senti finalmente il calore che riaccende nuove speranze.
Ma i nuovi ricordi, spesso, non hanno la forza di quelli passati e soggiacciono alla loro supremazia; tutto ciò che hai appena vissuto ti sembra fin troppo bello per poterti sembrare vero, ed è questo, per assurdità, a lasciarti perplesso e titubante.
Ti accorgi, però, subito dopo, che non è quell'attimo a sconvolgere le tue sensazioni; ma quelli precedenti ed addirittura quelli mai vissuti; ti si riaprono ferite ancora non rimarginate, ed il dolore riaffiora pian piano, facendosi sempre più difficile da sopportare.
Ed allora, il nuovo ricordo si sporca di quello passato, di quella persona troppo sbagliata, che ti fa cadere nell'errore e nella sofferenza, nello smarrimento più totale, tanto che ricadi, per un istante, nel buio, e lì è troppo oscuro per poter riconoscere il tuo piccolo raggio di sole.
La tua tristezza non si rivede più nel suo sguardo, si riscopre soltanto in quelle lacrime che non riescono a trattenersi in quegli occhi, carichi come nuvole in tempesta; non ti ritrovi più in braccia nuove ed in inaspettate speranze.
Ti illudi soltanto di soffocare quella sofferenza nella memoria e di cacciarla via proprio attraverso quel fiume di lacrime, che non ha mare nel quale liberarsi; rimane rinchiuso nella gabbia di troppi ricordi, di troppi dolori, di troppe delusioni.
E così, ti trasformi in una nuvola nera, sempre più nera, pronta in qualsiasi momento a dar vita alla sua sofferenza, a lasciar andare via le sue lacrime..ed il tuo piccolo raggio di sole?
Lui neanche conosce questa tua realtà, non lo vede tutto questo buio; splende di luce propria e non sai se per inconsapevolezza o per egocentrismo..sai soltanto che è un piccolo spiraglio di aria fresca, che potrebbe ripulirti da vecchie ferite.
Non si possono, però, affrontare così i vecchi fantasmi, soprattutto se si tratta di persone che di umano hanno soltanto il nome; rimani in questo tuo nuovo essere, in questa titubanza e sofferenza, che ti stupisce e preoccupa allo stesso tempo.
Non ti riconosci più, non sai più neanche chi sei, ma sai quello che vuoi; restare da sola ed essere te e te soltanto la luce ed il buio, la felicità e la sofferenza, il bene ed il male; non vuoi nessuno, perché in nessuno puoi permetterti di perderti.
Ritrovi, però, i tuoi occhi tristi in quelli del tuo piccolo raggio di sole, e riscopri nelle sue telefonate, nelle vostre chiacchierate, quanto ancora possa far piacere avere una sensazione che ti fa scalpitare i pensieri.
Hai solo un problema, ed uno soltanto: ti senti svuotata, quel bastardo di prima ti ha rubato tutto, i sogni, le speranze, le illusioni..non ti è rimasto più niente, neanche la voglia di riprenderti tutto questo; perciò, cosa potresti mai offrire te, così spoglia?
Cerchi allora di far fronte alla questione e ti ripresenti davanti al tuo piccolo raggio di sole; ogni volta ti sembra più bello, tanto che potresti bruciarti nel fissarlo eccessivamente..ed il suo profumo ti sembra sempre più intenso, ti rimane nella mente, prima ancora delle dita.
Stavolta, però, riesci a vedere quello che stavi cercando nel tuo piccolo raggio di sole, quelle ombre che una luce tanto forte riesce a celare; ma tu scovi troppo altrove per fermarti a quell'apparenza.
Lui inizia a parlare, a raccontarti di sé e ti rendi conto di come quel sorriso potesse smentire quegli occhi tanto tristi, che subito t'avevano colpito; te li risenti addosso nel dolore di ogni suo ricordo, è come se li sentissi lacrimare tra le parole.
E la cosa che più ti stupisce è scoprire quanto quel raggio di sole brilli di luce propria, perché non ha mai conosciuto qualcuno che lo illuminasse, anzi, tutt'altro; e ti accorgi di un corpo ancora più vuoto del tuo, spogliato di ogni emozione, abbandonato alla diffidenza, all'impossibilità del cedere la ragione a qualcosa che, in fondo, non ha mai conosciuto.
E ti sembra un'anima da aiutare, vorresti correre subito da lui, stringerlo forte a te per dargli, anche solo per un istante, la sensazione della vita vera; ti riscopri vita, gaiezza, sorpresa, perché sei tutto ciò che lui non ha mai visto né toccato con mano..non ha mai assaporato il gusto dell'emozione vera.
Vorresti, vorresti poterlo aiutare, ma non puoi, perché t'hanno rubato anche la disponibilità verso gli altri, che mai avresti lasciato da soli; perciò, non vai incontro a lui, ma lasci proprio a lui l'opportunità di potersi salvare, per poter uscire da quella ignoranza, che non ti permette di cogliere il senso della vita e la vita stessa.
Lasci a lui la sua possibilità di salvezza, perché non si può esistere senza vivere; deve soltanto avvicinarsi a te, leggere nei tuoi occhi, esattamente come te avevi fatti nel primo momento in cui l'hai visto.
Non gli dico alcuna parola, non tento di convincerlo di niente, perché non avrei neanche interesse a persuadere qualcuno che, in fondo, non posso avere, poiché è troppo vuoto il mio cuore, ora, per poterlo riempire con altro vuoto.
Può riempire il suo con un po' di vita, che può rubare da me; rubami, allora, tutto ciò che di poetico si nasconde tra i miei silenzi, tutta la gioia che si rivela nei miei sorrisi, ridi te delle mie stesse risate, appagati di quella voglia di vita che fa sentire vivi davvero.
Ti posso dare la protezione che nessuna parete ti può riservare, ti posso far sentir speciale attraverso la sola semplicità, ti posso circondare con le mie immancabili presenza, posso farti capire che la tua vita non è vita, perché non conosce emozione, posso insegnarti ad amare ed a capire cosa voglia dire essere amati, posso insegnarti il significato del silenzio, ma io non voglio avvicinarmi a te e darti tutto questo; voglio che te senta dentro di te quella necessità inascoltata di scoprire la vita.
Può darsi che sia possibile che io non incontri mai più il mio raggio di sole, ma sono felice unicamente del fatti che ha potuto conoscere anche limitatamente una parte di me, e penso possa essergli stata utile a vedere qualcosa che nessuno gli aveva mai mostrato.
Nel buio, mio piccolo raggio di sole, hai potuto scoprire quella che è la luce vera, quella più preziosa, perché non è visibile a tutti quanti.
Sei distante, anche stretto tra le tue stesse braccia, non sai come si rida veramente, conosci l'amore solo nella sua forma più squallida; ma chi ti ha fatto tutto questo?
Mio piccolo raggio di sole, io ti vorrei insegnare a guardare senza gli occhi, a leggere in essi l'essenza nascosta di una persona; ti vorrei insegnare quanto sia importante anche un semplice sorriso, cosa può darti un amore vero, una persona sincera; ti vorrei insegnare che non esiste solo l'ovvio, il razionale, ti vorrei far perdere nella mia stessa follia, e nella tua pazzia; ti vorrei far ritrovare il piacere nella vita, far riscoprire quello che di più bello hai; ti vorrei insegnare a far l'amore, facendoti capire che non hai solo un corpo e non sei soltanto quello, vorrei che ti rendessi conto che si appaga anche la mente ed il cuore, anche loro hanno fame e si saziano di dolcezza e passione; ti vorrei insegnare quanto sia vuoto un corpo senza anima ed una vita senza emozioni.
Ti vorrei insegnare questo e molto altro, ma non perché io abbia sufficienti esperienze o sia così saggia o preparata; vorrei darti soltanto quello che sono, perché è soltanto ciò che posso offrirti.
Tania Pignanelli
sabato 12 marzo 2011
Aforisma_Tania
Ognuno trova le sue risposte esattamente dove intende trovarle.
Tania Pignanelli
Tania Pignanelli
Aforisma_Tania
L'amore è un lusso che nessuno si permette più.
Tania Pignanelli
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Aforisma_Tania
Inutile amarsi senza viversi.
Tania Pignanelli
Tania Pignanelli
Poesia_Tania
TI GUARDO E SORRIDO
Ti guardo
E sorrido
Perché la vita
Con te
Sta proprio in quel sorriso
In quel sorriso
Che ha un gusto diverso
Da quella mia solita lacrima
Sul viso
Tania Pignanelli
Ti guardo
E sorrido
Perché la vita
Con te
Sta proprio in quel sorriso
In quel sorriso
Che ha un gusto diverso
Da quella mia solita lacrima
Sul viso
Tania Pignanelli
Mi ricordi_Tania
MI RICORDI
Mi ricordi esattamente come non sono stata mai.
Mi ricordi la felicità che ho sempre sognato, mi ricordi la realtà che non è mai esistita, mi ricordi che si sorride anche per ridere, e non si sorride soltanto per nascondere le lacrime sul viso.
Mi ricordi che il vuoto può esser riempito, mi ricordi di non aver paura, che la paura non aiuta a vivere, mi ricordi che non tutto fa così tanta paura.
Mi ricordi di ricordarmi di me, mi ricordi quando nei tuoi occhi non ci sono altro che io.
Mi ricordi l’unico ricordo che non mi fa male, l’unico che posso ancora vivere, mi ricordi un ricordo che vive, ogni giorno, di altri nuovi ricordi, che mi regali sempre tu.
Tania Pignanelli
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Poesia_Tania
MI SFIORI I PENSIERI
Mi sfiori i pensieri
E te ne vai
Come se quelle mani
Non fossero le tue
Come se quei pensieri
Non fossero altrettanto tuoi
Tania Pignanelli
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Io ti chiesi_Herman Hesse
IO TI CHIESI
Io ti chiesi perché i tuoi occhi
Si soffermano nei miei
Come una casta stella del cielo
In un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
Come si saggia un bimbo con lo sguardo,
Mi hai detto poi, con gentilezza:
Ti voglio bene, perché sei tanto triste.
Herman Hesse
Io ti chiesi perché i tuoi occhi
Si soffermano nei miei
Come una casta stella del cielo
In un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
Come si saggia un bimbo con lo sguardo,
Mi hai detto poi, con gentilezza:
Ti voglio bene, perché sei tanto triste.
Herman Hesse
sabato 5 marzo 2011
Leggende giapponesi e cinesi_La storia di O-Tei
LA STORIA DI O-TEI
Molto tempo fa nella città di Nigata, provincia di Echizen, viveva un uomo di nome Nagao Chosei. Nagao era figlio di un medico e fu istruito nella professione del padre. Quando era ancora bambino fu promesso in sposo a una ragazza di nome O-Tei, figlia di un amico di suo padre, e le due famiglie avevano convenuto che le nozze sarebbero state celebrate non appena Nagao avesse terminato gli studi. Ma ben presto fu evidente che O-Tei era cagionevole di salute, e quando ebbe quindici anni fu colpita da una fatale forma di tubercolosi. Quando capì che avrebbe dovuto morire, fece chiamare Nagao per dirgli addio. Quando lui si inginocchiò accanto a lei, gli disse: «Nagao-Sama , mio fedele, siamo stati promessi l’uno all’altra fin dal tempo della nostra infanzia e avremmo dovuto sposarci alla fine di quest’anno. Ma adesso sto per morire: gli dei sanno cosa è meglio per noi. Se potessi vivere ancora qualche anno, procurerei solo preoccupazioni e angoscia a chi mi circonda. Con questo corpo fragile non sarei una buona moglie, e quindi anche solo desiderare di vivere sarebbe un desiderio molto egoista nei tuoi confronti. Sono rassegnata a morire e voglio che tu mi prometta di non essere triste. Inoltre, voglio dirti che penso che ci incontreremo di nuovo». «Ci incontreremo di nuovo», fece eco Nagao serio. «E in quella Terra Pura non ci sarà la sofferenza del distacco». «No, no», rispose lei dolcemente. «Non intendevo la Terra Pura. Credo che siamo destinati a incontrarci di nuovo in questo mondo, anche se domani sarò sepolta». Nagao la guardò con stupore e la vide sorridere della sua meraviglia. Poi lei continuò con la sua voce delicata e sognante: «Sì, intendo in questo mondo, Nagao-Sama, nella tua vita attuale... naturalmente se tu lo desideri. Soltanto, perché ciò avvenga, devo rinascere bambina e crescere fino a diventare un donna adulta. Perciò dovrai aspettare. Quindici o sedici anni sono un periodo lungo, ma, sposo mio promesso, hai solo diciannove anni...». Desideroso di addolcire i suoi ultimi momenti, Nagaro rispose con tenerezza: «Aspettarti, mia promessa, sarà non meno una gioia che un dovere. Siamo promessi l’uno all’altra per la durata di sette esistenze». «Ma non hai dubbi?», chiese lei osservandolo in volto. «Mia adorata, il mio solo dubbio è se sarò capace di riconoscerti in un altro corpo, con un altro nome, se non puoi dirmi qualcosa o darmi un segno che mi potrà aiutare». «Non posso farlo», rispose lei. «Solo gli dei e il Budda sanno come e dove ci incontreremo. Ma sono sicura, sicurissima che, se vorrai accogliermi, potrò ritornare da te... ricorda queste mie parole». Smise di parlare, e i suoi occhi si chiusero. Era morta. * * * Nagao aveva nutrito un affetto sincero per O-Tei, e il suo dolore fu profondo. Aveva preparato una tavoletta funebre con il suo nome e la mise nel suo butsudan davanti al quale ogni giorno collocava offerte. Pensò moltissimo alle strane cose che O-Tei gli aveva detto poco prima di morire e, nella speranza di compiacere al suo spirito, scrisse una promessa solenne che l’avrebbe sposata se mai fosse tornata a lui in un altro corpo. Sigillò la promessa con il proprio sigillo e la collocò nel butsudan accanto alla tavoletta funebre di O-Tei.
Dopo il matrimonio continuò a collocare offerte davanti alla tavoletta di O-Tei e non smise mai di ricordarla con affetto. Ma un po’ alla volta l’immagine di lei sbiadì nella sua memoria, come un sogno difficile da ricordare. E gli anni passarono. Durante questi anni molte disgrazie lo colpirono. Prima morirono i suoi genitori, poi la moglie e il suo unico figlio. E così rimase solo al mondo. Abbandonò la sua casa desolata e intraprese un lungo viaggio nella speranza di dimenticare i suoi dolori. Un giorno, durante i suoi viaggi, giunse a Ikao, un villaggio di montagna tuttora celebre per le sorgenti termali e gli splendidi paesaggi dei dintorni. Nella locanda del villaggio in cui prese alloggio una ragazza venne ad aspettarlo. Non appena Nagao vide il suo volto, il cuore gli diede un balzo come mai gli era successo prima. Somigliava a O-Tei in un modo così straordinario, che Nagao si pizzicò per essere sicuro che non stava sognando. Mentre andava e veniva, portando il fuoco e servendo da mangiare o riordinando la camera dell’ospite, tutti i suoi atteggiamenti e movimenti gli richiamavano la cara memoria della ragazza a cui era stato promesso nella sua gioventù. Le parlò, e lei rispose con una voce delicata e cristallina, la cui dolcezza lo riportò alla tristezza di tempi lontani. E così, molto meravigliato, la interrogò dicendo: «O sorella maggiore, la tua somiglianza con una persona che ho conosciuto molto tempo fa è tale, che mi sono spaventato non appena sei entrata in questa stanza. Perdonami quindi se ti chiedo dove sei nata e come ti chiami». Senza indugio e con la voce mai dimenticata della ragazza morta, lei rispose: «Mi chiamo O-Tei, e tu sei Nagao Chosei di Echigo, il mio promesso sposo. Diciassette anni fa sono morta a Nigata: allora tu hai scritto la promessa di sposarmi se mai avessi fatto ritorno in questo mondo nel corpo di una donna, hai sigillato la promessa con il tuo sigillo e l’hai messa nel butsudan insieme alla tavoletta che recava scritto il mio nome. E per questo sono tornata». Dopo aver pronunciato queste ultime parole, cadde svenuta. Nagao la sposò, e il matrimonio fu felice. Tuttavia lei non ricordò mai più quello che aveva detto a Ikao rispondendo alle sue domande, e nemmeno poté ricordare qualcosa della sua precedente esistenza. Il ricordo della vita precedente, che si era misteriosamente acceso al momento di quell’incontro, si era nuovamente oscurato e da allora non ritornò mai più. | |
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