sabato 22 gennaio 2011

Simposio Platone definizione dell'amore


«Io desidero prima dirvi com'è che intendo impostare il mio discorso, dopo entrerò nel vivo della questione. A me pare che tutti quelli che hanno parlato finora non abbiano celebrato il dio ma soltanto posto l'accento su quanto gli uomini siano felici per quei beni di cui, appunto, quel dio è la causa; nessuno ha detto chi sia propriamente costui che ci offre tutti questi beni. Orbene, l'unico metodo giusto per far qualsiasi elogio, di qualunque cosa, è quello di illustrare prima chi sia, in effetti, quello di cui si parla e poi di quali beni sia la causa. Ecco perché noi dobbiamo prima lodare Amore per quel che egli è, poi per i doni che ci reca. Intanto io affermo che tra tutti i beatissimi dei (se m'è lecito dirlo e non è peccato) Amore è il più beato perché è il più bello e il più buono. Il più bello soprattutto perché è il più giovane degli dei, Fedro. Egli stesso ce ne dà la prova migliore fuggendo dinanzi alla vecchiaia che, tutti sanno, è veloce e ci casca addosso più presto di quel che dovrebbe. Naturalmente Amore la odia e non le si avvicina nemmeno da lontano. Giovane com'è, invece, sta sempre con i giovani e ha ragione l'antico detto che il simile s'accompagna sempre al suo simile. Ed io, pur consentendo con Fedro in molte cose, non condivido il fatto che Amore sia più antico di Crono e di Giapeto. Ripeto, invece, che è il più giovane di tutti gli dei, eternamente giovane e tutti quei vecchi fatti tra gli dei che raccontano Esiodo e Parmenide, accaddero per opera di Necessità, non di Amore, ammesso pure che quei due abbiano detto il vero. Non ci sarebbero state, infatti, mutilazioni, catene e tutte quelle altre violenze se Amore fosse stato in mezzo a loro, ma solo amicizia e concordia come è ora, da quando egli regna sugli dei. Dunque egli è giovane e non solo, è gentile. Il fatto è che gli manca un poeta, un poeta come Omero che ne esalti la delicata bellezza. Di Ate, per esempio, Omero dice non solo che è una dea ma che, appunto, è delicata (almeno i suoi piedi sono tali), quando scrive:
morbidi sono i suoi piedi che non accosta alla terra
ma ella procede sfiorando le teste degli uomini.
E mi pare che egli ci abbia dato una bella prova della sua delicatezza col dirci che non cammina sul duro ma sul morbido. Serviamoci, anche noi, per Amore, dello stesso indizio a conferma che è delicato; egli, infatti, non cammina per terra e nemmeno sulle teste degli uomini che, poi, tanto morbide non sono, ma tra le più tenere delle cose che esistono egli procede e dimora: egli, infatti, ha posto la sua sede nel cuore e nell'animo degli uomini e degli dei; non però in tutte le anime indistintamente. Se, infatti, ne trova una rozza, fila via, se gentile invece, vi resta. Dato, quindi, che egli è sempre a contatto, e non solo con i piedi ma anche con tutto se stesso, con le più tenere tra le tenerissime cose, necessariamente deve essere delicatissimo. Il più giovane, dunque, e il più delicato; ma oltre a questo è duttile. Non potrebbe piegarsi in tutte le direzioni e entrare di soppiatto nelle anime e così uscirne se fosse rigido; la leggiadria, per consenso comune, è la prova evidente delle fattezze armoniche e flessuose che Amore possiede. Infatti, fra l'amore e la bruttezza c'è sempre reciproca guerra. La bellezza del suo incarnato ci dice che egli indugia tra i fiori, poiché Amore non resta dove non v'è cosa in fiore o che sia avvizzita, sia essa corpo o anima o altro, ma dove tutto è fiorito e olezzante, là si posa e dimora.

XIX
Dall'amore nasce ogni bene
«Sulla bellezza del dio può anche bastare, per quanto ce ne sarebbe ancora da dire. Ma ora parliamo delle sue virtù. La cosa che prima di tutto bisogna notare è che Amore non fa torti a nessuno, né a uomini né a dei e nemmeno ne riceve. Egli non subisce violenza (ammesso che subisca qualcosa), perché essa non lo tocca, né con prepotenza fa quel che fa, ma ognuno serve Amore spontaneamente in ogni cosa; e quando c'è accordo reciproco tra due volontà, ‹le Leggi che sono le regine degli Stati›, dicono che è giusto. Oltre che la giustizia, Amore possiede in sommo grado anche la temperanza. Tutti son d'accordo nell'affermare che la temperanza consiste nel dominio delle passioni e dei piaceri. Ma non c'è nessun piacere più intenso dell'Amore e quindi se tutti gli altri sono meno intensi, sono inferiori a lui che, perciò, trionfa e ha il dominio sulle passioni e sui piaceri e, come tale, è in sommo grado, temperante. Per quanto riguarda la forza, ad Amore ‹neanche Marte può stargli a fronte›. Non è, infatti, Marte che conquista Amore, ma Amore che seduce Marte, amore di Venere a quanto si dice; e chi possiede è più forte di chi si lascia possedere: quindi, vincendo chi è più forte degli altri, egli è il più forte di tutti. Della giustizia, quindi, della temperanza e della fortezza del dio, s'è già detto; resta ora da dire della sua sapienza: per quanto è possibile, bisogna cercare di non tralasciare nulla. Intanto, per prima cosa per rendere onore alla nostra arte, come Erissimaco ha fatto per la sua, dirò che questo dio è poeta cosi sapiente da far diventare tali anche gli altri; in effetti, ognuno diventa poeta se è toccato da Amore, anche se non ha mai avuto prima a che fare con le Muse. Da qui possiamo trarre la conferma che Amore, in generale, è buon poeta in ogni genere di produzione artistica. Infatti, ciò che uno non ha e non conosce, non può certo darlo, né insegnarlo a nessuno. E, infatti, chi è che vorrà contestare che la creazione di tutti gli esseri viventi non avvenga per la sapienza d'Amore che genera e fa crescere tutte le creature? E, inoltre, nell'attività artistica non sappiamo forse che chi ha per maestro questo dio diviene famoso e illustre, chi invece non è toccato da Amore resta oscuro? L'abilità nel tiro dell'arco, la sapienza nella medicina, l'arte profetica, Apollo le ha scoperte sotto l'impulso del desiderio e dell'amore, così che anch'egli può dirsi discepolo di questo dio, come le Muse per le loro arti, Efesto per l'arte di forgiare metalli, Minerva per quella del tessere e Giove, infine, per quella di governare sugli dei e sugli uomini. Fu cosi che tutte le questioni tra gli dei si appianarono, da quando Amore comparve in mezzo a loro, si capisce, Amore della bellezza, perché delle cose brutte non c'è amore; mentre, come ho detto, prima d'allora, molte e orribili cose, a quanto si dice, accadevano tra gli dei, perché regnava Necessità. Ma dopo che nacque questo dio, si amarono le cose belle e ne venne per gli dei e per gli uomini abbondanza di beni. Così, Fedro, mi sembra proprio che Amore, bellissimo e buonissimo com'è, rechi anche agli altri bellezza e bontà. Quasi quasi mi vien da dire in versi quello che fa, per esempio così:
pace agli uomini reca, calma sul mare
tregua ai venti e, nel dolore, il sonno.
Egli ci libera dal timore di essere estranei a noi stessi, ci dà un senso di calda intimità, ci invita a partecipare a riunioni come questa, a feste, a danze, a sacrifici di cui diventa un po' l'auspice, assicura la benevolenza, allontana ogni rancore, largo in favori, incapace di malvagità, benigno, buono, esempio ai saggi, ammirato dagli dei, invidiato dagli infelici, posseduto dai fortunati, padre della Delizia, dell'Eleganza, del Fasto, della Grazia, del Desiderio, della Bramosia, sollecito verso i buoni, incurante dei malvagi, nelle fatiche, nelle paure, nelle passioni, nelle conversazioni, è guida, guerriero, compagno di lotta, salvezza provvidenziale, ornamento di tutti gli dei e di tutti gli uomini, duce meraviglioso e perfetto che ognuno deve seguire e celebrare con inni degni di lui, partecipando al suo canto col quale egli ammalia il cuore degli uomini e degli dei. Questo, Fedro, il mio discorso in omaggio al dio, svolto un po' celiando, un po' con ben dosata gravità, secondo le mie capacità.»
                                   

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